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L’inflazione rallenta a gennaio: +10% su anno e +0,1% su base mensile

L’Istat ha pubblicato i dati sull’andamento dei prezzi al consumo in Italia nel mese di gennaio

A gennaio 2023 Istat calcola che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% su base mensile e del 10,0% su base annua, dal +11,6% nel mese precedente. La stima preliminare era +10,1%.

La flessione del tasso di inflazione, rileva l’Istituto di statistica, si deve principalmente, al forte rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici regolamentati (passati dal 70,2% a -12,0%) e, in misura minore, di quelli degli energetici non regolamentati (da +63,3% a +59,3%), degli alimentari non lavorati (da +9,5% a +8,0%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,2% a +5,5%); gli effetti di tali andamenti sono stati solo in parte controbilanciati dall’accelerazione dei prezzi dei beni durevoli (da +6,4% a +6,8%), dei Beni non durevoli (da +6,1% a +6,7%) e dei servizi relativi all’abitazione (da +2,1% a +3,2%).

«A gennaio, l’inflazione evidenzia un netto rallentamento, scendendo a +10,0% – rileva una nota dell’Istat -. La discesa risente dell’andamento delle componenti più volati dell’indice dei prezzi al consumo, fortemente condizionato dall’inversione di tendenza dei beni energetici regolamentati (-12,0% su base annua). Restano diffuse, tuttavia, le tensioni sui prezzi al consumo di diverse categorie di prodotti, quali gli alimentari lavorati, gli altri beni (durevoli e non durevoli) e i servizi dell’abitazione, che contribuiscono alla lieve accelerazione della componente di fondo».

L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5,8% a +6,0%, mentre quella al netto dei soli beni energetici resta stabile a +6,2%. Su base annua, i prezzi dei beni evidenziano un profilo in rallentamento (da +17,1% a +14,1%), mentre quello relativo ai servizi evidenzia un lieve incremento (da +4,1% a +4,2%); si ridimensiona, quindi il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (da -13,0 di dicembre a -9,9 punti percentuali).

Si attenua la dinamica tendenziale dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +12,6% a +12,0%), mentre al contrario si accentua quella dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto, quelli del largo consumo confezionato in aumento dal +8,5% a +8,9%. L’aumento congiunturale dell’indice generale si deve prevalentemente ai prezzi dei servizi per l’abitazione (+1,6%), degli alimentari lavorati (+1,3%), dei beni durevoli (+1,1%) e non durevoli (+0,7%), degli alimentari non lavorati (+0,6%) e degli energetici non regolamentati (+0,5%); un effetto di contenimento deriva invece dal calo dei prezzi degli energetici regolamentati (-25,7%) e di quelli dei servizi relativi ai trasporti (-1,7% a causa di fattori stagionali).

L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,2% per l’indice generale e a +3,2% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) diminuisce dell’1,5% su base mensile, a causa dell’avvio dei saldi invernali dell’abbigliamento e calzature di cui l’indice Nic non tiene conto, e aumenta del 10,7% su base annua (in rallentamento da +12,3% di dicembre) contro una stima preliminare del +10,9%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% su base mensile e del 9,8% su base annua.

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